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L'Olivo di Canneto Sabino nella regione della Sabina è un simbolo millenario della duratura tradizione di coltivazione dell'olivo della zona, con radici che risalgono ai monaci benedettini di Farfa. La maestosa presenza dell'albero, il suo significato storico e l'olio d'oliva di alta qualità che produce lo rendono un simbolo caro della ricca storia e tradizione della regione.
Nell'incantevole regione della Sabina, l'arte duratura della produzione dell'olio d'oliva è vibrantemente incarnata nel magnifico ulivo di Canneto Sabino.
Con un passato storico che risale a secoli fa, questo maestoso albero è una testimonianza del patrimonio duraturo della coltivazione dell'olivo nella regione sud-orientale del Lazio.
Secondo le leggende locali, le radici di questo maestoso Olivastrone risalgono al regno di Sabino Numa Pompilio, re di Roma, dal 715 al 673 a.C.
Vedi anche:Svelare il mistero e la magia che circonda l'Olivo della Strega in ToscanaTuttavia, stime storiche suggeriscono un'età più plausibile di circa un millennio, situando la sua piantagione durante le epocali opere di bonifica condotte dai monaci benedettini di Farfa nel Canneto.
Resti di questo periodo sono ancora visibili nella conservata casa Tanteri e nell'adiacente cappella della Madonna della Neve.
Numerosi documenti antichi testimoniano la longevità della Sabina tradizione della coltivazione dell'olivo.
Nel suo lavoro Presenza sul territorio, il famoso storico Strabone scrisse della straordinaria abbondanza di ulivi che abbellivano il fertile suolo della Sabina.
Marco Terenzio Varrone, nella sua opera fondamentale De re rustica, fornì consigli senza tempo sulla coltivazione dell'olivo, ponendo le basi per i pregiati metodi di produzione dell'olio d'oliva della Sabina.
Le scoperte archeologiche illuminano ulteriormente il profondo legame della regione con le olive. Il notevole ritrovamento della fiasca di Poggio Sommavilla che si ritiene risalga al 7th secolo a.C. e ora conservata al Museum of Fine Arts di Boston, non solo rappresenta il più antico esempio conosciuto di scrittura sabina preromana, ma reca anche tracce di olio d'oliva, testimonianza tangibile della cultura olivicola della regione.
Vedi anche:Salvaguardia degli alberi millenari d'ItaliaTra le voci stimate che lodano la qualità dell'olio della Sabina c'è Claudio Galeno, il padre della moderna farmacologia, che ha salutato l'olio della Sabina come "il migliore nel mondo conosciuto.
Acquistato dalla famiglia Bertini nel 1876, l'ulivo torreggiante raggiunge circa 15 metri di altezza. Il suo maestoso tronco vanta una circonferenza di 7.2 metri, mentre la sua tentacolare chioma si estende per circa 30 metri di diametro. In particolare, una cavità cava alla base del tronco conduce al cuore delle sue radici, creando un'affascinante caverna all'interno.
Canneto Sabino produce olive della varietà Olivastro, che presentano caratteristiche distintive: foglie ellittico-lanceolate e piccoli frutti di forma ovoidale. L'olio che ne deriva è noto per il suo profilo fruttato medio, infuso con eleganti note vegetali, una leggera amarezza e un'essenza armoniosa e aromatica.
Mentre i documenti storici indicano la produzione di 12 quintali di olive, pari a 150 chilogrammi di olio, un "misura antica” conosciuta come "soma", il rendimento attuale è relativamente più basso. Questa discrepanza può essere attribuita all'enfasi sulla potatura estetica piuttosto che sulla massimizzazione della produttività.
Oggi, l'Olivo di Canneto Sabino funge da magnifico lascito vivente, un simbolo della dedizione senza tempo della Sabina alla coltivazione dell'olivo e al notevole olio d'oliva che produce.
Alto, sussurra storie di antiche tradizioni, invitando i visitatori ad ammirare la sua imponenza e ad apprezzare il ricco patrimonio che rappresenta.
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